Differenze tra separazione e divorzio – Studio legale Milano

Differenze separazione e divorzioDifferenze tra separazione e divorzio – indice:

Differenze separazione e divorzio: facciamo chiarezza

Capita spesso di fare un po’ di confusione in materia di separazione consensuale, separazione giudiziaria e divorzio: si tratta però di due istituti completamente diversi, ciascuno avente natura, finalità ed effetti differenti.

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Differenze separazione e divorzio: diritti e doveri reciproci dei coniugi.

L’art.143 del codice civile:

  • stabilisce che con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri;
  • elenca gli obblighi derivanti dal matrimonio ovvero obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione;
  • prevede il dovere in capo a entrambi i coniugi, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, di contribuire ai bisogni della famiglia.

In che modo e in quale misura la separazione e il divorzio vanno ad incidere sul rapporto coniugale, in particolare sui diritti e gli obblighi derivanti dal matrimonio di cui all’art. 143 c.c.? Cerchiamo di fare chiarezza sull’argomento.

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Differenze separazione e divorzio: cosa cambia relativamente al rapporto matrimoniale.

Con la separazione il rapporto matrimoniale continua a sussistere, è come in stand-by. Marito e moglie mantengono la qualità di coniugi; ciò che si verifica è una sorta di “sospensione”  dei doveri personali derivanti dal matrimonio (quali quello di convivenza, di fedeltà), mentre persistono quelli di natura economica (rimane infatti in capo a ciascuno di essi l’obbligo di assistenza materiale verso il coniuge economicamente più debole).  

E’ solo con il divorzio che il rapporto coniugale viene a cessare definitivamente.

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Il mantenimento nella separazione e l’assegno divorzile.

Come ribadito dalla Corte di Cassazione i due assegni (di mantenimento nella separazione e quello divorzile) hanno una natura diversa: 

  • l’assegno di mantenimento viene riconosciuto in favore del coniuge più debole economicamente allo scopo di garantire allo stesso il medesimo tenore di vita che aveva durante il matrimonio;
  • l’assegno divorzile, invece, come stabilito nella sentenza Sezioni Unite n. 18287/2018, non deve essere calcolato in base al pregresso tenore di vita della coppia ma la sussistenza del diritto a tale assegno dovrà essere valutata in base ad un criterio composito. Dalla natura assistenziale, perequativo-compensativa propria dell’assegno divorzile, deriva che l’importo determinato sarà volto a conseguire un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella vita familiare in concreto, tenendo conto delle aspettative professionali sacrificate, della inadeguatezza dei mezzi del richiedente e l’impossibilità di procurarseli per ragioni obiettive riconoscendo il ruolo e l’apporto fornito dall’ex coniuge, economicamente più debole, alla formazione del patrimonio della famiglia e di quello personale degli ex coniugi.

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I diritti successori in capo al coniuge superstite.

Per quanto riguarda la separazione, l’art. 585 del c.c. riconosce al coniuge cui non è stata addebitata la separazione con sentenza passata in giudicato gli stessi diritti successori del coniuge non separato. 

Nel caso in cui, invece, al coniuge sia stata addebitata la separazione sempre con sentenza passata in giudicato, il secondo comma dell’articolo 548 riconosce in capo al medesimo il diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell’apertura della successione godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto. L’assegno è commisurato alle sostanze ereditarie e alla qualità e al numero degli eredi legittimi, e non è comunque di entità superiore a quella della prestazione alimentare goduta. La medesima disposizione si applica nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i coniugi.

In caso di divorzio, invece, il soggetto divorziato  perde la qualità di legittimario, pertanto in caso di morte dell’ex coniuge non potrà vantare  diritti successori sul patrimonio dello stesso.

L’art. 9 bis della legge sul divorzio riconosce però in capo al coniuge superstite divorziato 

il diritto ad un assegno periodico a carico dell’eredità purché il medesimo:

  1. percepisca già un assegno di divorzio (l’assegno non deve essere stato versato in un’unica soluzione);
  2. versi in stato di bisogno.

Tale assegno – periodico o su accordo delle parti corrisposto in una unica soluzione – verrà attribuito tenendo conto dell’importo dell’assegno divorzile, della entità del bisogno, dell’eventuale pensione di reversibilità, delle sostanze ereditarie, del numero e della qualità degli eredi e delle loro condizioni economiche. 

La norma precisa che il diritto all’assegno si estingue se il beneficiario passa a nuove nozze o viene meno il suo stato di bisogno ( in quest’ultimo caso, nell’eventualità in cui si ripresenti lo stato di bisogno, l’assegno potrà essere nuovamente attribuito).

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Eventuali diritti sulla pensione di reversibilità.

In caso di separazione, il coniuge superstite ha diritto di percepire la pensione di reversibilità del coniuge defunto, anche nel caso in cui abbia rinunciato all’eredità. Tale diritto è stato riconosciuto in diverse pronunce della Cassazione anche in favore del coniuge separato con addebito. 

Per quanto riguarda il coniuge divorziato, invece, l’art. 9 della legge sul divorzio disciplina due diverse ipotesi:

  • in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, l’ex coniuge ha diritto, se non si è risposato e sempre che sia titolare di assegno ai sensi dell’articolo 5, alla pensione di reversibilità, purché il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza;
  • se esiste un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, invece, una quota della pensione e degli altri assegni a questi spettanti è attribuita dal tribunale, tenendo conto della durata del rapporto, all’ex coniuge titolare dell’assegno di cui all’ art. 5. 

La norma stabilisce che restano fermi, nei limiti stabiliti dalla legislazione vigente, i diritti spettanti a figli, genitori o collaterali in merito al trattamento di reversibilità.

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E per quanto riguarda il TFR? Che diritti ha il coniuge separato o divorziato?

Il coniuge separato – anche se titolare dell’assegno di mantenimento – non può avanzare alcuna richiesta in ordine al Trattamento di fine rapporto del coniuge. Manca, infatti, nel nostro ordinamento una norma che disciplini la posizione del coniuge separato su tale questione.

In capo al coniuge divorziato, invece, l’art. 12 bis della legge sul divorzio riconosce il diritto ad una percentuale dell’indennità di fine rapporto percepita dall’altro coniuge all’atto della cessazione del rapporto di lavoro anche se l’indennità viene a maturare dopo la sentenza purché:

  1. non si sia risposato e
  2. sia titolare dell’assegno divorzile ai sensi dell’articolo 5.

La percentuale, stabilisce la norma, è pari al 40% dell’indennità totale riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio.

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