Studio legale Milano: Assegno divorzile

Assegno divorzileAssegno divorzile – Indice: 

Assegno divorzile e assegno di mantenimento: sono la stessa cosa?

L’assegno divorzile è quella somma che viene riconosciuta in sede di divorzio dal coniuge che non ha mezzi adeguati o comunque non può procurarseli per ragioni oggettive; si distingue dall’assegno di mantenimento che può invece essere stabilito nella precedente fase di separazione sulla base di un accordo dei coniugi (in caso di separazione consensuale) o dal Tribunale (in caso di separazione giudiziale).

Assegno divorzile, a chi spetta?

Ai fini del riconoscimento dell’assegno divorzile, quindi, occorre innanzitutto verificare che il coniuge richiedente non abbia mezzi adeguati o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive. L’inadeguatezza dei  mezzi viene intesa come non autosufficienza economica del soggetto che richiede l’assegno.

La corresponsione può avvenire periodicamente (mensilmente) o, su accordo delle parti in unica soluzione (se questa sia ritenuta equa dal tribunale); in questo caso, precisa la norma, non potrà essere proposta alcuna successiva domanda di contenuto economico.

Quali elementi occorre valutare ai fini del riconoscimento dell’assegno ?

L’art. 5 della Legge sul divorzio n. 898 del 1970, individua quali sono gli elementi cui tener conto per stabilire se il coniuge ha diritto o meno all’assegno in sede di divorzio:

  1. condizioni dei coniugi;
  2. ragioni della decisione;
  3. contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune (non basta la differenza, anche se consistente, tra i redditi dei coniugi a giustificare l’attribuzione dell’assegno);
  4. reddito di entrambi,
  5. valutazione di tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio.

Per quanto riguarda invece il mantenimento del c.d. tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio, la sentenza n. 18287/2018 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione ha stabilito il definitivo superamento di questo criterio come parametro di determinazione dell’assegno divorzile.

Dopo il divorzio, posso chiedere la modifica dell’importo dell’assegno divorzile?

L’art. 9 della Legge sul divorzio stabilisce che, se dopo la sentenza che pronuncia il divorzio, sopravvengano giustificati motivi, il Tribunale può su richiesta dell’ex coniuge disporre la revisione delle disposizioni relative alla misura e alle modalità dell’assegno divorzile.

Posso richiedere per la prima volta l’assegno divorzile dopo la pronuncia di divorzio?

Sulla questione, si è pronunciata la Cassazione con una recente ordinanza (Cass. Civ., sez. I., ordinanza n. 5055 del 24 febbraio 2021): secondo la Corte, l’assegno divorzile non chiesto in sede di divorzio può essere richiesto successivamente, con il giudizio di revisione previsto dall’art. 9 della legge sul divorzio (nel caso di specie, l’ex coniuge aveva richiesto per la prima volta  l’ assegno divorzile quindici anni dopo la pronuncia del divorzio, allegando il grave peggioramento delle sue condizioni economiche).

Anche in questo caso, prosegue la Corte, non bisognerà considerare il tenore di vita avuto durante il matrimonio ma i criteri indicati nell’art. 5, comma 6,prima parte della legge sul divorzio, come interpretati dalle Sezioni Unite nella sentenza n. 18287/2018, con eventuale prevalenza di una delle tre componenti rispetto alle altre. In particolare, la funzione assistenziale può assumere rilevanza preponderante a condizione che il sopravvenuto ed incolpevole peggioramento della situazione economica di uno degli ex coniugi non sia altrimenti suscettibile di compensazione per l’assenza di altri obbligati o di altre forme di sostegno pubblico e che l’ex coniuge con maggiori disponibilità economiche abbia in passato goduto di apporti significativi da parte di quello successivamente impoveritosi.

L’ex coniuge ha diritto alla pensione di reversibilità?

Il coniuge nei confronti del quale è stata pronunciata sentenza di divorzio, ha diritto in caso di morte dell’ex coniuge e in assenza di un coniuge superstite avente i requisiti per la pensione di reversibilità, alla medesima pensione purché:

  1. non sia passato a nuove nozze:
  2. sia titolare di assegno divorzile;
  3. il rapporto da cui trae origine il trattamento pensionistico sia anteriore alla sentenza.

Diritto all’assegno divorzile: escluso in caso di instaurazione di una nuova famiglia, ancorché di fatto

La Sesta Sezione Civile della Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 406/2019 si è nuovamente espressa in materia di assegno divorzile uniformandosi a precedenti pronunce – richiamate nella stessa ordinanza – in particolare la n. 6855/2015 e la n. 2466/2016.

La vicenda

Con sentenza dell’11 ottobre 2017, la Corte d’appello di Torino ha accolto il ricorso proposto dall’ex marito contro la sentenza che gli aveva imposto di corrispondere all’ ex coniuge un assegno divorzile pari a Euro 400,00 mensili.

Secondo quanto stabilito dalla Corte, l’assegno divorzile non doveva essere più corrisposto in quanto l’ex moglie conviveva con un altro uomo; un investigatore privato chiamato a testimoniare, infatti, aveva riferito fatti che dimostravano la convivenza stabile e duratura della donna con il compagno.

Nel ricorso per cassazione, l’ex moglie contestava l’erronea valutazione da parte dell’organo giudicante di alcuni “elementi”: il fatto, ad esempio, che beneficiasse di un contributo di natura assistenziale erogato dal Comune di residenza, dimostrava indirettamente l’insussistenza della stabile convivenza con il compagno.

L’ex marito ha presentato controricorso.

Decisione

Confermando i precedenti orientamenti in materia, la Corte ha stabilito che “l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto resta definitivamente escluso”.

Pertanto, la Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile e condannato la ricorrente al pagamento delle spese nonché al versamento del raddoppio del contributo

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